Non è un paese per Startup - Hydrogen Code
gennaio 29, 2018

A meno di vivere fuori dall’universo, la parola “Startup” è ormai sulla bocca di tutti. Siamo arrivati al punto che se conoscete degli under 30, è probabile che buona parte di loro lavorai in una Startup o abbia intenzione di fondarne una.

Ma cosa è precisamente una startup? Cosa le differenzia da una qualsiasi altra azienda? Chiedete in giro e probabilmente otterrete risposte di ogni tipo, nessuna delle quali sarà precisa.

Una Startup in Italia per definizione infatti deve avere i seguenti requisiti:

  • deve essere stata costituita da meno di 5 anni
  • deve avere sede in Italia
  • non deve produrre beni per un valore annuo superiore a 5 milioni di euro
  • non deve aver mai distribuito utili 
  • devono sviluppare prodotti servizi innovativi ad alto valore tecnologico

Quest’ultimo punto appare molto generico, ma il Ministero dello Sviluppo Economico ha specificato che per soddisfare il requisito l’azienda deve ricadere in almeno una di queste categorie: 

  • Investe almeno il 15% del fatturato in ricerca e sviluppo
  • 1/3 della forza lavoro è dottorando, o dottore di ricerca o ricercatore
  • 2/3 della forza lavoro sono laureati
  • l’azienda è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato

Come avrete capito, la maggior parte delle aziende identificate per Startup non sono tali. Magari sono aziende innovative, valide e anche capaci di cambiare il mondo, ma non ricadono nella definizione. Poco male, perché alla fine i requisiti imposti dal ministero non è che siano una garanzia di qualità ma solo un filtro per selezionare chi ha diritto a una serie di incentivi e sgravi fiscali. Un’azienda può effettivamente avere il 100% di dipendenti laureati e occuparsi di conservazione dei beni culturali, senza pretese di essere innovativa. Allo stesso modo ci sono aziende che, pur non rientrando nell’elenco delle Startup italiane “ufficiali”, producono beni e servizi realmente innovativi.  

Perché definirsi startupper senza esserlo? I motivi possono essere tanti, a partire dal nome accattivante: dire di aver fondato una Startup che lavora nell’ambito della transformation dei materiali raw è sicuramente più “cool” che affermare di aver aperto una ditta che taglia legna in ciocchi per i forni delle pizzerie, no? Senza dimenticare che il giusto nome conferisce un’aura quasi mistica che in certi casi può fare crescere prepotentemente il volume di affari. 

Peccato che, al di là della scelta dei nomi, l’Italia non riesca a distinguersi in questo settore. Le “Startup innovative” certificate fatturano poco più di 700 milioni messe tutte insieme. Spiccioli praticamente. Soprattutto se consideriamo che poche di queste sono state in grado di aumentare il fatturato in maniera significativa rispetto agli anni precedenti. Qualcosa che forse non stupirebbe su aziende tradizionali, ma da una Startup ci si aspetta che scali, possibilmente in fretta.

Alla luce di queste informazioni, viene da chiedersi cosa dovrebbe fare chi ha un’idea realmente innovativa. Ha senso cercare di ottenere i round di finanziamento in Italia, considerate i pochi fondi messi a disposizione dagli investitori? Quando è utile cercare di far parte del registro delle startup innovative e quando è conveniente prendere un’altra strada, magari guardando oltre i nostri confini? Dare una risposta univoca è difficile e bisogna valutare caso per caso. Magari facendosi supportare da professionisti che conoscono bene il mercato e sono in grado cucire una strategia che si adatta alla specifica esigenza.